"Perché è vero che siamo in Italia, ma è un paese di merda"
Autore: Silvia Avallone
Pagine: 357
Editore: BUR Rizzoli
Genere: Narrativa
Anno di pubblicazione: 2015
Prezzo: €18
Trama: Nei casermoni di via Stalingrado a Piombino avere quattordici anni è difficile. E se tuo padre è un buono a nulla o si spezza la schiena nelle acciaierie che danno pane e disperazione a mezza città, il massimo che puoi desiderare è una serata al pattinodromo, o avere un fratello che comandi il branco, o travare il tuo nome scritto su una panchina. Lo sanno bene Anna e Francesca, amiche inseparabili che tra quelle case popolari si sono trovate e scelte. Quando il corpo adolescente inizia a cambiare, a esplodere sotto i vestiti, in un posto così non hai alternative: o ti nascondi e resti tagliata fuori, oppure sbatti in faccia agli altri la tua bellezza, la usi con violenza e speri che ti aiuti ad essere qualcuno. Loro ci provano, convinte che per sopravvivere basti lottare, ma la vita è feroce e non si piega, scorre immobile senza vie d'uscita. Poi un giorno arriva l'amore, però arriva male, le poche certezze vanno in frantumi e anche l'amicizia tra Anna e Francesca si incrina, sanguina, comincia a far male. Silvia Avallone racconta un'Italia in cerca d'identità e di voce, apre uno squarcio su un'inedita periferia operaia nel tempo in cui, si dice, la classe operaia non esiste più.
Recensione:
Silvia Avallone ci catapulta in una narrazione reale, cruda e profonda che accompagna le vite dei cittadini di Piombino in via Stalingrado. Colpisce questa ambientazione perché come recita la quarta di copertina è "un'inedita periferia", un romanzo di questo tipo normalmente è ambientato nei quartieri degradati della Campania o della Sicilia, invece qui sorprende che lo sfondo sia la Toscana, una regione che non siamo abituati ad associare ad ambienti di questo tipo. Sicuramente questo è il punto di forza del libro.
I personaggi, secondo me, sono un po' tutti uguali, tanto che spesso facevo fatica a capire di chi si stesse parlando, spesso nella lettura mi sono confusa anche tra le stesse protagoniste, Anna e Francesca, perché sembra che nessuno abbia una voce propria, ho pensato anche che fosse una scelta voluta per la narrazione, ma onestamente da lettrice avrei preferito riuscire a distinguere molto meglio i personaggi, sia attraverso i dialoghi che le descrizioni. Poi penso anche che alcuni siano stati introdotti giusto per fare numero perché non servivano affatto, se non per confondere e chiedersi "ma questo chi è?", parlo dei ragazzi e delle ragazze del gruppo principalmente, quelli rimasti sullo sfondo e di cui praticamente ci viene detto soltanto il nome. Non sono riuscita a legare con nessuno di loro e questo mi ha reso la lettura davvero pesante. La nota positiva dei personaggi è che hanno avuto un'evoluzione nel corso della narrazione. L'amicizia tra Anna e Francesca è genuina di quelle che possono nascere soltanto quando si è ancora davvero troppo piccoli per capire il mondo e dura nel tempo, anche se ad un certo punto pensano che tutto sia perduto.
La storia ruota attorno alle vicende di Anna e Francesca, che sono le protagoniste, e delle loro famiglie, approfondendo gli aspetti più oscuri come la violenza domestica. Stupisce sicuramente il finale, che onestamente è la parte che ho apprezzato di più, per tutto il libro non capivo dove volesse andare a parare, invece poi la conclusione ha perfettamente senso. Vale la pena leggere tutto il libro anche solo per questo.
Ho letto che questo è il primo libro dell'autrice, quindi sicuramente è comprensibile che ci siano alcune cose che hanno disturbato la mia lettura, ammetto di essere rimasta un po' delusa, forse perché le mie aspettative erano davvero alte , motivo per cui dovrò darle un'altra possibilità.

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